Geopolitica

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La battaglia virtuale: utilizzo di disinformazione, cyberwarfare e social media nel creare realtà distorte

Nelle profondità del mondo digitale, una battaglia invisibile infuria. La disinformazione si diffonde come un virus, alimentata dalla cyberwarfare e amplificata dai social media. In questo intricato scenario, l’informazione di massa si trasforma in un’arma a doppio taglio, ponendo l’aspetto razionale in secondo piano e dando vita a faziosità sempre più accentuate. È un’epoca in cui la verità è distorta, ma in cui ancora possibile combattere per una società informata e consapevole.

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Dossier Libia: Khalifa Haftar in visita a Roma

A poche settimane dalla visita di Giorgia Meloni in Libia, Khalifa Haftar viene accolto per due ore a Palazzo Chigi. Il 28 gennaio Giorgia Meloni si è recata in Libia, un paese che negli anni scorsi è stato colpevolmente “dimenticato”. La Libia è a tal punto centrale che, recentemente, William Burns (direttore della Cia) si è recato a Tripoli (dopo essere stato in Egitto) per un colloquio con Abdel Hamid Dbeibah (primo ministro) e il generale Khalifa Haftar (uno dei principali “candidati” alla presidenza); i principali argomenti di discussione sono stati di carattere energetico (petrolio e gas) e inerenti la lotta al terrorismo (il gruppo Wagner è indiscutibilmente protagonista, soprattutto nella zona di Sirte). Un fattore di prioritaria importanza per il nostro paese è la presenza di gruppi terroristici di matrice jihadista nella regione del Fezzan (confine con l’Algeria): è tristemente noto come tali cellule cerchino finanziamenti per le loro attività sfruttando l’immigrazione clandestina. La situazione politica libica impone all’Italia una “presenza attenta”: il paese continua ad essere “diviso” tra due esecutivi, fondamentalmente entrambi privi di legittimazione. È stato ufficializzato un accordo sul gas che vede protagoniste l’Eni e Noc (azienda nazionale libica degli idrocarburi). La collaborazione prevede un investimento…

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Il tentato golpe in Sudan

A poche ore dal tentato golpe è necessario capire il posizionamento del Sudan e le ragioni della sua instabilità, in chiave geopolitica e gli approcci con i paesi corregionali. Il Sudan ha da tempo un contenzioso “aperto”, insieme all’Etiopia, nei confronti dell’Egitto: nel pressoché totale silenzio mondiale è in via di costruzione la discussa Diga Gerd che sicuramente saprebbe aiutare i primi due paesi menzionati nella fornitura di energia elettrica a quei due terzi di cittadini che tutt’ora non ne possono usufruire. Il piano però, così come concepito, porterebbe ingenti danni alle capacità di volumi di acqua al fiume Nilo e, nonostante la terra dei faraoni sia corsa al riparo attuando progetti atti a minimizzare le conseguenze con ingenti lavori sul delta del fiume, porta a frizioni quasi insanabili tra gli stati coinvolti. In queste ore è in corso un tentativo di colpo di Stato in Sudan e la notizia appena menzionata ci aiuta a comprendere come i rapporti regionali siano tesi da tempo. Il Sudan è da tempo sotto l’influenza del gruppo Wagner e gli investimenti cinesi, soprattutto legati alla costruzione di infrastrutture, sono ingenti. Nelle ultime ventiquattro ore la capitale Khartoum è attraversata da esplosioni e spari che…

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La strategia musicale nella propaganda iraniana

La scelta del governo di Teheran e della propaganda iraniana al fine di “risvegliare” la popolazione con dei video musicali. N.B. l’analisi è compiuta sulla base del testo sottotitolato in lingua inglese. Alcune informazioni non verificabili in rete sono state fornite da una fonte che ha richiesto il totale anonimato. Bush (2010): “L’obiettivo principale dei terroristi è la brutale oppressione delle donne e non solamente in Afghanistan” …Per la paura in ogni momento Per la disperazione fino al decadimento Per l’esplosione e il sangue delle mie sorelle Forzato, baciando i soldati nemici Per tutti i confinamenti e la povertà Per un desiderio di dormire in pace Per un paese che è diventato una base militare statunitense Per questi matrimoni forzati Per sguardi sporchi lascivi (malocchio) Per vicoli e schegge di proiettili consumati Per la nostra terra e la sua estinzione Per piaceri e viaggi proibiti Per le chiacchiere senza senso di celebrità inutili Per la madre che in questo momento manca Per il nemico che sorride Ti ho scritto per il futuro Per te, la ragazza della porta accanto (mia vicina) Non lasciare che la tua casa si rovini come le nostre Non lasciare che i tuoi sogni diventino come…

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Adnan Oktar alias Harun Yahya: la fine un mito?

N.B. alcune informazioni riportate nel testo sono frutto di interviste telefoniche svoltesi in lingua italiana ad un sostenitore di Adnan Oktar che si impegna a diffondere quanto professato da colui che ritiene un capo spirituale. La fonte ha richiesto il totale anonimato. Chi è Adnan Oktar Adnan Oktar è uno scrittore turco, sostenitore del creazionismo islamico, crede che l’ateismo sia razzista e massone e che le teorie di Darwin siano la causa del terrorismo.[1] Il suo pseudonimo è composto da Harun (Aronne) e Yahya (Giovanni) con il preciso intento di celebrare i profeti che si spesero per contrastare la miscredenza.[2] La Royal Islamic Stategic Studies Centre, importante centro di ricerca giordano, lo ha incluso tra le cinquanta personalità musulmane più influenti al mondo, è considerato una persona capace di aver presa non solo in Turchia, ma più in generale su ampie fasce di popolazione musulmana sparse in tutto il pianeta. I suoi libri (oltre 300) e scritti vengono tradotti in 73 diverse lingue e diffusi in Africa, Asia, Europa e America. Alcune sue pubblicazioni sono apparse su alcuni dei più importanti giornali mondiali, tra cui Wall Street Journal, Washington Post, New York Times, Der Spiegel, Stern, Economist, Corriere della Sera…

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La Conferenza di Baghdad

Il 20 dicembre la Francia ha organizzato una conferenza ad Amman e la scottante questione irachena è stata uno dei temi caldi. Come già avvenuto nel 2021, Emmanuel Macron ha nuovamente organizzato una tavola rotonda denominata “Conferenza di Baghdad” nella cornice di Amman, capitale della Giordania. Hanno presenziato rappresentanti dell’Unione Europea, dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, del Consiglio di Cooperazione del Golfo, della Lega Araba, dell’Organizzazione della Cooperazione Islamica, il presidente egiziano Al Sisi, il primo ministro degli Emirati Arabi Uniti, l’emiro del Qatar e ministri degli esteri di Turchia, Iran e Arabia Saudita. La sede non è stata scelta casualmente dato che il presidente francese ha sempre cercato di coinvolgere la monarchia hashemita per incrementare il suo ruolo all’interno delle dinamiche regionali a fronte di un’alta credibilità agli occhi delle diplomazie occidentali. L’Iran A margine dell’incontro si è discusso anche di alcuni temi caldi riguardanti l’Iran: l’accordo sul nucleare e il sostentamento militare-tecnologico fornito al Cremlino; il capo della diplomazia della Repubblica Islamica ha inoltre incontrato Josep Borrell (Alto rappresentante per la politica estera dell’Unione Europea). Il focus dell’incontro è stato il cambio di governo in Iraq: il premier e i membri del gabinetto sembrano soggetti a forti influenze iraniane…

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