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Elezioni Albania: l’11 maggio voterà anche la diaspora

Rama riconfermato?

Nel 2021, le elezioni parlamentari in Albania si sono svolte in un clima di scarsa partecipazione popolare, con un’affluenza alle urne che ha coinvolto meno della metà degli aventi diritto. In quel contesto, il Partito Socialista (PS) ha ottenuto una vittoria significativa, assicurandosi la maggioranza assoluta con 74 seggi su 140, consolidando così il proprio dominio sulla scena politica nazionale. Questo risultato ha garantito ad Edi Rama la possibilità di guidare il Paese per il terzo mandato consecutivo, prolungando una leadership iniziata nel 2013.

A distanza di quattro anni, Rama si presenta nuovamente sulla scena politica in vista di un potenziale quarto mandato, rafforzato dal risultato positivo conseguito alle elezioni amministrative del maggio 2023. La prospettiva di una sua riconferma appare al momento verosimile, anche alla luce di un’opposizione che fatica a proporsi come alternativa credibile.

Il presidente albanese, Bajram Begaj, decreta l’11 maggio come data delle elezioni del Paese.

I principali partiti d’opposizione restano infatti legati a figure storiche del panorama politico albanese. Il Partito Democratico (PD), espressione del centro-destra, è ancora guidato da Sali Berisha, ex presidente e primo ministro, mentre il Partito della Libertà (PDL) è condotto da Ilir Meta, anch’egli ex capo dello Stato e fuoriuscito dalle fila socialiste. In assenza di leadership emergenti e di proposte politiche innovative, la competizione appare sbilanciata a favore del premier uscente, come confermano anche le attuali rilevazioni demoscopiche.

Le vicende giudiziarie dell’opposizione

In un contesto politico dominato da figure attive da oltre trent’anni, i principali esponenti dell’opposizione albanese si trovano oggi al centro di vicende giudiziarie e polemiche che ne minano la credibilità. Sali Berisha, già destinatario di sanzioni da parte del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti nel 2021 per presunti episodi di corruzione, è stato posto agli arresti domiciliari nel dicembre 2023. La misura, revocata solo lo scorso novembre, lo ha tenuto lontano dalla scena pubblica per quasi un anno. Poco dopo la sua liberazione, Berisha ha pronunciato un discorso in cui ha denunciato l’esecutivo guidato da Edi Rama, accusandolo apertamente di aver orchestrato un “colpo di Stato” ai danni delle forze di opposizione, e ha chiesto l’istituzione di un governo di transizione per guidare il Paese verso le imminenti elezioni parlamentari.

Non meno complessa appare la situazione di Ilir Meta. Ex presidente della Repubblica ed oggi leader del Partito della Libertà (PDL), Meta era già finito al centro di una procedura di impeachment nel 2021, accusato di aver interferito nel processo elettorale in qualità di capo dello Stato. Anche se tale procedura non portò a conseguenze concrete, nell’ottobre scorso è stato arrestato con l’accusa di corruzione, riciclaggio di denaro ed evasione fiscale. Meta ha reagito definendo il suo arresto come l’inizio di una nuova battaglia contro quello che ha definito un “narco-stato”. Nonostante le accuse a suo carico, Berisha ha dichiarato di essere disposto a sostenerlo, qualora si realizzasse un’alleanza tra il Partito Democratico (PD) ed il PDL per contrastare i socialisti di Rama.

L’ex-Presidente Ilir Meta.

Ulteriori tensioni si sono aggiunte lo scorso settembre, quando la Corte d’appello di Tirana ha confermato la condanna ad un anno di carcere per Ervin Salianji, parlamentare del PD, accusato di aver manipolato una registrazione audio legata allo scandalo “Babale”, che mirava a coinvolgere l’allora ministro degli Interni. Anche in questo caso, l’imputato ha respinto le accuse, parlando di una ritorsione politica.

Questi sviluppi hanno alimentato una crescente mobilitazione popolare. Durante l’autunno, migliaia di manifestanti legati ai partiti di opposizione hanno riempito le strade della capitale albanese. Le proteste, accompagnate da slogan che invocavano la “liberazione dell’Albania”, sono degenerate in scontri con le forze dell’ordine, con lanci di molotov contro edifici governativi e sedi istituzionali, tra cui l’ufficio del primo ministro, il quartier generale del Partito Socialista, il ministero degli Interni ed il municipio di Tirana.

Nel frattempo, anche il fronte governativo è stato scosso da vicende giudiziarie: Erion Veliaj, sindaco di Tirana e figura di spicco del Partito Socialista, è stato arrestato con accuse di corruzione e riciclaggio. Un colpo potenzialmente devastante per la maggioranza, poiché l’opposizione potrebbe sfruttare l’episodio per minare ulteriormente l’immagine del premier Rama in vista delle elezioni.

La campagna elettorale

Sul versante europeo, il governo albanese ha intrapreso nel 2023 i colloqui ufficiali per l’adesione all’Unione Europea. Un traguardo ambizioso, che Rama ha descritto come pienamente raggiungibile entro il 2030, facendo leva su “idee chiare” ed una “forte determinazione”. Nonostante l’adesione all’UE rappresenti da anni una priorità trasversale per le leadership post-comuniste del Paese, il processo appare rallentato da una situazione politica interna poco coesa, che rischia di ostacolare le riforme necessarie.

A sollevare nuove polemiche è stata anche la decisione dell’esecutivo di bloccare temporaneamente l’accesso a TikTok, in risposta ad un grave episodio di violenza giovanile riconducibile ad un conflitto esploso sulla piattaforma. La misura è stata duramente contestata dall’opposizione, che la interpreta come un tentativo di limitare la visibilità dei partiti rivali in piena campagna elettorale; un’accusa tanto più significativa se si considera che lo stesso Rama, fino a poco tempo fa, era tra i leader più seguiti su TikTok.

Infine, continua a sollevare perplessità anche l’accordo siglato con il governo italiano per la gestione dei flussi migratori. L’intesa, attualmente sospesa dalla Corte Costituzionale albanese, è finita al centro di aspre critiche non solo per l’assenza di un passaggio parlamentare, ma anche per i dubbi sulla sua reale attuabilità. Secondo molti osservatori, l’operazione rischia di trasformarsi in un clamoroso insuccesso politico.

Il voto dalla diaspora

L’introduzione del voto a distanza per gli albanesi residenti all’estero potrebbe rappresentare una svolta significativa nelle prossime elezioni parlamentari, introducendo un fattore di incertezza finora assente: per la prima volta, infatti, la diaspora albanese avrà la possibilità concreta di influenzare direttamente l’esito elettorale. Il diritto al voto da remoto è frutto di una battaglia durata anni, portata avanti da organizzazioni della società civile, sostenuta dalla comunità albanese all’estero ed accolta positivamente dalla maggioranza delle forze politiche.

In preparazione a questa nuova fase, il premier Edi Rama ha condotto un fitto programma di incontri in diverse città europee ed in altri Paesi: l’obiettivo del tour è stato quello di rafforzare il legame con gli elettori fuori dai confini nazionali ed illustrare le opportunità offerte dalla nuova modalità di voto.

Come riportato dal portale Balkan Insight, il contesto demografico albanese contribuisce a spiegare l’importanza di questa innovazione elettorale: su una popolazione di 4,6 milioni di cittadini, solo 2,4
milioni risiedono effettivamente in Albania. Questa discrepanza si è riflessa in un’affluenza particolarmente bassa alle ultime amministrative, dove ha votato appena il 38% degli elettori registrati, pari a circa 3,6 milioni di persone.

La risposta iniziale al nuovo sistema di voto suggerisce, però, un possibile cambio di rotta. Nei primi due giorni dall’apertura delle iscrizioni, circa 10.000 albanesi all’estero si sono già registrati per esprimere il proprio voto. Una cifra che, secondo alcuni analisti, potrebbe essere il preludio ad una partecipazione molto più ampia ed incisiva della diaspora nelle dinamiche politiche del Paese.

Possibili scenari

A meno di sviluppi imprevisti nel periodo che precede le elezioni previste per maggio, le previsioni elettorali lasciano intravedere una vittoria del Partito Socialista, accompagnata dalla probabile conferma dell’attuale capo del governo. Più che una dimostrazione di fiducia nell’azione politica fin qui condotta, il possibile successo sembra riflettere la mancanza di alternative politiche ritenute solide o convincenti da parte dell’elettorato.

Un elemento di potenziale incertezza è rappresentato dal voto degli albanesi residenti all’estero: questo fattore, sebbene difficilmente decisivo, potrebbe comunque generare risultati in parte inattesi o, in un contesto segnato da forti contrapposizioni ed una crescente aggressività tra le principali forze in campo, diventare oggetto di polemiche e tentativi di delegittimazione del risultato elettorale.


Riferimenti bibliografici:

  • Dott.ssa in Scienze Internazionali Diplomatiche, Master in “Religioni e Mediazione culturale” e Master in “Antiterrorismo Internazionale”.
    Esperienze formative maturate presso Radio Vaticana e la Camera dei Deputati.
    Dal 2021 al 2023 membro del Comitato di Direzione della Rivista "Coscienza e Libertà", organo di stampa dell’Associazione Internazionale per la difesa della libertà religiosa (AIDLR).
    Fondatore del blog "Caput Mundi", supervisore sezione "Geopolitica" Nord Africa e Medio Oriente, cura le pubbliche relazioni del sito ed i contatti con l'esterno.
    Redattrice per “Il Talebano” e collaboratrice editoriale presso radio RVS, network hopemedia.it.

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