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Hakan Fidan, dall’intelligence turca alla guida della diplomazia

Arianne Ghersi intervista Marco Ansaldo

Mit (Milli istihbarat Teşkilât), il famigerato sistema di intelligence turco: quanto è penetrante il ruolo all’interno dello stato?

Il Mit è considerato uno dei servizi segreti più ramificati e potenti al mondo. La sua rete non è solo importante all’estero, nelle diverse irradiazioni che raggiungono ogni paese e tutti i continenti, ma soprattutto all’interno della Turchia e dell’intero mondo turco, che è molto esteso. La sua influenza, dunque, è forte per conoscenza, esperienza e capacità.


Chi è Hakan Fidan? Perchè lo ha indicato come delfino/successore di Erdoğan? Quali caratteristiche della sua personalità dovrebbero colpirci?

La freddezza. L’alone di mistero. La capacità di stare in silenzio. La forza di conoscere i segreti di tutta la Turchia, persino al livello più alto. Nel 2015, per proteggere Erdoğan da uno scandalo che aveva toccato l’inner circle del presidente, Hakan Fidan non ebbe timore di scontrarsi con lui e si dimise dicendosi pronto a partecipare al voto per essere eletto come parlamentare. Uno scontro che durò lo spazio di pochi giorni: nel giro di un baleno Fidan, ex militare nella NATO e già assistente di Erdoğan premier, fu reintegrato nella sua delicatissima posizione di spymaster, incarico che ha poi tenuto in tutto per tredici anni, prima di essere promosso lo scorso anno come nuovo Ministro degli Esteri, e quindi braccio destro del Presidente.


La Turchia è coinvolta nel recente cambio di governo in Siria: come è possibile per Ankara essersi riuscita ad “imporre” sulle volontà di Iran e Russia? Quale ruolo ha giocato nella nascita dell’Isis in passato?

Ankara si è imposta proprio grazie a un colpo magistrale della propria intelligence, riuscita a ottenere informazioni di prima mano sul terreno siriano, e di giocare in anticipo rispetto ad altri servizi segreti. La Turchia, dopo avere protetto e nascosto per anni militanti e capi dell’Isis, al punto da diventare l’autostrada dei jihadisti in transito fra Medio Oriente e Europa, nella caduta di Damasco è stata pronta a cambiare rotta in quelle che erano le stesse intenzioni di Erdogan. Dopo anni di dissapori, negli ultimi mesi il Presidente turco aveva invece teso la mano al Presidente siriano Bashar al-Assad, proponendogli una riconciliazione personale e politica, e di riaccoglierlo infine nel consesso internazionale. Quando però il Mit ha segnalato che dal confine con la Turchia fino a Damasco la strada per i liberatori siriani capeggiati dall’ex terrorista al-Jolani, fondatore del movimento di al-Nusra dopo la separazione da al-Qaeda, e oggi nuovo Presidente siriano, sarebbe stata libera, Erdoğan non ha esitato nel dare disco verde all’operazione che ha fatto cadere il regime siriano degli Assad. Al-Jolani oggi è eteroguidato da Ankara.


La Turchia è parte della Nato, ha ottimi rapporti con i Brics. È davvero ancora concreta l’ipotesi di una futura possibile annessione all’Unione Europea?

È solo un’ipotesi che rimane sulla carta. Ankara l’ha inseguita per decenni. Ma i tanti dinieghi soprattutto da parte dei paesi più grandi (Germania e Francia) e dai più piccoli (Austria, Olanda, Belgio), hanno infine estenuato Erdoğan. La Turchia rimane paese ufficialmente candidato all’ingresso nell’Unione Europea, ma è stato via via superato da tanti altri pretendenti. Troppi, per Ankara. Ed essendo un Paese erede di un Impero come quello ottomano, quindi molto orgoglioso, da tempo si è guardato intorno e sta orientandosi altrove. Oggi la Turchia è in grande ascesa geopolitica nel mondo, dai Balcani all’Africa, nel Caucaso e in Asia occidentale.


Quando uscirà di scena Erdoğan, la guida di Fidan potrebbe essere caratterizzata dagli stessi tratti salienti?

È ancora presto per dire se Hakan Fidan, oggi virtualmente il delfino di Erdoğan essendo il numero due, abbia le carte in regola per sostituire il presidente. In passato il leader ha testato molti altri pretendenti: Egemen Bagis, Ahmet Davutoglu, Berat Albayrak, tutti in varie posizioni di grande rilievo, ma hanno tutti fallito. Erdoğan è al potere da più di trent’anni, contando pure quelli da sindaco di una città importante come Istanbul, e dopo come premier e Presidente. E’ ancora un leader giovane avendo “solo” 71 anni. Ma la necessità di trovare un erede, adesso, diventa sempre più forte.


Fidan avrebbe la possibilità di vincere le elezioni già “oggi”? Come è percepito dalla popolazione?

È tutta da vagliare la capacità di Hakan Fidan di scendere nell’arena politica, se cioè abbia la stoffa del leader politico. Fino allo scorso anno i cittadini turchi non conoscevano nemmeno la sua voce, essendo stato sempre un uomo che ha agito nell’ombra. Le sue doti come capo dello spionaggio turco sono rinomate, e da capo della diplomazia si sta ora muovendo con tatto e determinazione. Ma le sue qualità di interazione con la popolazione civile vanno tutte provate. Quello che è certo è che si tratta di un uomo potentissimo, con in mano i dossier dell’intero Paese, e in una posizione straordinaria per poter aspirare al massimo livello del potere.

  • Dott.ssa in Scienze Internazionali Diplomatiche, Master in “Religioni e Mediazione culturale” e Master in “Antiterrorismo Internazionale”.
    Esperienze formative maturate presso Radio Vaticana e la Camera dei Deputati.
    Dal 2021 al 2023 membro del Comitato di Direzione della Rivista "Coscienza e Libertà", organo di stampa dell’Associazione Internazionale per la difesa della libertà religiosa (AIDLR).
    Fondatore del blog "Caput Mundi", supervisore sezione "Geopolitica" Nord Africa e Medio Oriente, cura le pubbliche relazioni del sito ed i contatti con l'esterno.
    Redattrice per “Il Talebano” e collaboratrice editoriale presso radio RVS, network hopemedia.it.

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  • Già inviato speciale de «la Repubblica» per la politica internazionale, oggi è analista geopolitico, consigliere scientifico di «Limes» da Istanbul, vaticanista per «Die Zeit» e consulente de La7 per il programma Atlantide.
    Ha insegnato all’Università Luiss e ha collaborato con Rai Radio 3.
    Alla Turchia ha dedicato quattro libri ("Chi ha perso la Turchia", "Uccidete il Papa", "Il caso Ocalan", "La marcia turca. Instanbul crocevia del mondo"), una lunga serie di reportage ed interviste, programmi in radio ed in TV, conferenze e convegni, le voci dell’Enciclopedia Treccani e del Dizionario Utet, l’invenzione del Foro di dialogo intergovernativo fra Italia e Turchia.

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