Guerra in Ucraina, situazione geopolitica a metà febbraio 2025
Come tutti sanno il neo Presidente Trump nella sua campagna elettorale ha promesso di essere un pacificatore. Sebbene oggi vi siano circa 56 conflitti in corso[1] ed un altro bello grosso già apparecchiato (l’invasione cinese di Taiwan) è evidente che il Tycoon si riferisse principalmente al Medio Oriente ed all’Ucraina. Nel confronto tra Israele, isola d’Occidente, ed i suoi nemici (Hamas, Hezbollah, Iran e l’opinione pubblica di due miliardi di musulmani e di gran parte degli stessi occidentali, grassocci ed incattiviti dai buoni sentimenti), Trump ha avuto gioco facile nell’ottenere una tregua. Facile perché, oltre ad appoggiarsi alla forza militare dello Stato ebraico, è plausibile che la Casa Bianca abbia fatto capire ad Hamas che, se non fosse iniziata la liberazione degli ostaggi rapiti il 7 ottobre 2023 (tra cui degli infanti a tutt’oggi nelle mani dei terroristi islamici), gli USA avrebbero dato il via libera agli israeliani. Per dare sostanza alla sua azione Trump, appena reinsediatosi, ha firmato l’invio di un miliardo di dollari all’unica democrazia del Medio Oriente e ha condito il tutto con la dichiarazione bomba: niente di meno che valutare il trasferimento di tutti gli abitanti di Gaza.
Risultato? Sdegno internazionale, dichiarazioni strappalacrime degli antisemiti occidentali (di destra e di sinistra), solidarietà ad Hamas da parte delle peggiori dittature del mondo e… inizio di una fragile tregua, con tanto scambio di terroristi islamici prigionieri degli israeliani in cambio di ostaggi rapiti il 7 ottobre.
Ben più difficile, per Trump, è imporre una tregua tra l’Ucraina e Putin. Questo per varie ragioni. Intanto in Medio Oriente l’attore militarmente più forte è l’alleato di Washington (al punto che se volesse Israele potrebbe vaporizzare l’intera popolazione di Gaza in poche ore): pertanto di fronte ad un indurimento, anche solo verbale, Hamas è scesa a più miti consigli e l’Iran, già militarmente umiliato dalle forze di Gerusalemme, ripiega sulle solite minacce. In Ucraina invece il vantaggio militare pende dalla parte di Putin. Certo le sue truppe sono bloccate da tre anni in una guerra di logoramento ed ormai la sua speranza di conquistare tutta l’Ucraina è utopia. Certo l’economia russa, checché ne dicano gli antiamericani di turno, è sempre ad un centimetro dal collasso. Ciò nonostante, sono le forze russe ad occupare larghi strati di territorio nemico (il “bubbone” ucraino nel Kursk ha un alto valore politico, ma relativo dal punto di vista militare) e ad essere quasi sempre all’attacco, pur con perdite folli rispetto ai rispettivi guadagni territoriali. Infine, la Russia non è l’Iran, un Paese del Terzo Mondo, né tantomeno Gaza, un cantone sovrappopolato da due milioni e mezzo di disperati mantenuti dalle donazioni occidentali e guidati da una masnada di tagliagole. La Russia è un gigante dai piedi d’argilla, ma pur sempre un gigante. La Russia è economicamente un malato di cancro, ma è anche una potenza nucleare retta con pugno di ferro da un dittatore anziano e disperato (e la disperazione può essere molto pericolosa). La Russia, infine, è già stata umiliata militarmente, ma resta in possesso di un complesso militare-industriale di tutto rispetto e di temibili servizi segreti.
Pertanto, convincere al compromesso un dittatore (i dittatori possono solo vincere o morire) risulta molto più complicato, anche per un Trump più muscolare che mai.
Tuttavia, parafrasando Theodore Roosevelt (da non confondere con Franklin Delano, please), è ancora la Casa Bianca ad avere “il bastone più grosso”. Trump ha quindi fatto capire di volere un compromesso e ha condito il suo messaggio con minacce non da poco: l’alleato (de facto sebbene non de jure) ucraino è stato minacciato di tagli negli aiuti militari in caso di mancata collaborazione, mentre al dittatore del Cremlino è stata paventato uno scenario da incubo (sanzioni veramente efficaci e possente aiuto militare a Kyiv) se non scenderà ad un compromesso.
Alla luce di tale fatto oggi tutti si dichiarano pronti alla pace immediata. Peccato che al momento le posizioni siano inconciliabili e nemmeno gli USA sembrano in grado di trovare una quadra, perlomeno in tempi brevi.
Ad ora, quindi, qual è la situazione?
L’Ucraina continua a essere rifornita di armi e munizioni, sia dagli Stati Uniti che dall’Europa. Chi sperava che Trump avrebbe azzerato gli aiuti militari è rimasto deluso[2]: dopo qualche giorno di sospensione Washington ha ripreso le forniture militari.
Trump ha poi parlato sia con Putin che con Zelensky, ma senza arrivare a niente di concreto.
Nella conferenza che si sta tenendo a Monaco (mai location fu più infelice!) in questi giorni il Vicepresidente statunitense, James D. Vance, ha detto che una pace effimera non serve a nessuno, che gli Stati Uniti vogliono una pace duratura e che ci saranno molti colloqui finalizzati a questo, “nei prossimi giorni, settimane e mesi”.
Mesi… posizione ben diversa rispetto a quella annunciata da Trump in campagna elettorale, ovvero la fine della guerra in poche ore.
Contemporaneamente il Presidente ha invitato l’Europa a finanziare l’Ucraina affinché questa possa acquistare più armi[3] e, con una realpolitik degna di Bismarck, sembra che abbia raggiunto con Zelensky gli estremi per un accordo sulla possibilità che l’Ucraina paghi le armi statunitensi che riceve in cambio di minerali pregiati, le cosiddette “terre rare”.
La propaganda filorussa aveva lasciato intendere che gran parte di queste risorse si trovassero nei territori già conquistati dai russi. Non è così, come si può evincere dalla seguente mappa:

Pertanto, la guerra va avanti, soprattutto perché le condizioni di Putin per un accordo di pace prevedono l’annessione di almeno cinque Oblasti (regioni) ucraini e la restituzione dei territori che attualmente gli ucraini occupano nell’Oblast russo di Kursk. Inoltre, Putin pretende l’esclusione di qualsiasi possibilità che l’Ucraina entri nella NATO.
Quest’ultimo punto, paradossalmente[4], è l’unico sul quale c’è una certa intesa, perché ci sono troppi membri della NATO che hanno espresso titubanze all’adesione dell’Ucraina: Ungheria, Slovacchia, Turchia, Germania, Stati Uniti.
D’altro canto, non c’è dubbio che la “pace duratura” auspicata dal Vicepresidente presupponga garanzie di sicurezza che, in assenza della NATO, dovrebbero essere fornite da qualche altra forma di accordo difensivo, che però Putin non intende consentire: dopo tre anni di conflitto che ha dissanguato ed impoverito la Russia la conquista di un paio di regioni sarebbe ben poca cosa rispetto all’ingresso de jure (de facto lo è già) del grosso dell’Ucraina nella sfera occidentale. Tale scenario sarebbe, né più né meno, una sconfitta preliminare ad un inaspettato “infarto” per il Supremo Leader.
Con queste premesse è difficile immaginare che si possa raggiungere un qualche accordo di pace in tempi brevi. Ciò è sicuramente un male, poiché una guerra che consuma la carne europea nel XXI secolo è qualcosa di folle che grida vendetta, ma dimostra la correttezza della dichiarazione del generale Douglas MacArthur: “Una volta che la guerra ci sia stata imposta non può esserci alternativa alla vittoria totale o alla sconfitta totale”.
Riferimenti bibliografici:
[1] https://www.geopop.it/panoramica-dei-56-conflitti-in-corso-nel-mondo-e-davvero-la-terza-guerra-mondiale-a-pezzi/
[2] https://kyivindependent.com/us-briefly-paused-weapons-to-kyiv-in-first-days-of-trump-term-sources-tell-reuters/
[3] https://www.reuters.com/business/aerospace-defense/us-will-push-european-allies-buy-more-arms-ukraine-say-sources-2025-02-11/
[4] https://www.rid.it/shownews/7121/terre-rare-e-minerali-critici-in-ucraina