Militaria

La battaglia per l’aeroporto di Hostomel: l’inizio della fine della blitzkrieg russa in Ucraina

L’attacco delle Forze Armate russe sui territori dell’Ucraina libera, iniziato il 24 febbraio 2022 ha indubbiamente colto di sorpresa l’intera comunità internazionale. Lo schieramento delle truppe russe in Bielorussia e ai confini orientali dell’Ucraina, spiegato nel marzo del 2021 e sempre descritto dai comunicati ufficiali come “esercitazioni congiunte”, non aveva trasmesso un reale senso di preoccupazione in nessuno dei consessi internazionali del periodo. Percezione sicuramente alterata, anche e non solo, dalle numerose dichiarazioni di alcuni esponenti di spicco della diplomazia russa.

Nel gennaio del 2022 il vice ministro degli esteri, Sergey Ryabkov, rassicurava gli interlocutori americani “…di non aver alcuna intenzione di attaccare l’Ucraina. Non c’è ragione di temere una escalation!”[1], mentre la portavoce del ministero degli esteri russo, Maria Zakharova, pochi giorni prima dell’inizio dell’invasione rispondeva alle diplomazie occidentali, ormai sicure di un imminente attacco russo:” …la data del 15 febbraio 2022 entrerà nella Storia come il giorno del fallimento della propaganda di guerra da parte dell’Occidente. Svergognati e annientati senza sparare un colpo”[2].

Invece rievoca macabra ironia, a quasi tre anni dall’inizio del conflitto, rileggere le parole del portavoce del Cremlino, Dimitry Peskov, che nei primi giorni del febbraio 2022 affermava:” Putin ci chiede di controllare se hanno pubblicato l’ora esatta in cui comincerà la guerra…”[3], deridendo gli allarmi lanciati da Washington e dagli alleati sull’imminente invasione russa dell’Ucraina.

Sei giorni prima che Vladimir Putin ne ordinasse l’invasione, alcuni rappresentati dell’intelligence occidentale ebbero un incontro con ufficiali dell’intelligence ucraina in un anonimo ristorante di Londra, per esporre quello che sarebbe verosimilmente stato il piano militare russo. Secondo gli analisti presenti all’incontro, la strategia russa per l’inizio del conflitto avrebbe seguito uno schema chiaro: una vera e propria guerra lampo per circondare Kiev e le più grandi città ucraine, seguita da un’operazione gestita dall’FSB russo per eliminare i leader nazionali e locali disarticolando tutte le reti di controllo e di governo dell’Ucraina.

Le intenzioni dei pianificatori russi vennero esposte agli ufficiali ucraini presenti: un ingresso di forze di terra dalla Bielorussia (attraverso Chernobyl) supportato da un raid per l’occupazione dell’aeroporto militare di Hostomel (situato 10 km a nord ovest di Kiev), condotto da forze russe di proiezione rapida. Aeroporto che, una volta conquistato, avrebbe agito da testa di ponte per l’immissione successiva di ondate di forze russe in ingresso da una base aerea bielorussa situata al confine con l’Ucraina e dalla base aerea russa di Pskov, a circa due ore d’aereo da Hostomel. La fase di condotta della componente terrestre era stata affidata al Colonnello Generale Alexander Chaiko[4] e alle forze del distretto militare orientale della Russia, truppe indicate da molti analisti militari come una delle componenti meno preparate dell’esercito russo. La componente avio portata era stata assegnata al comando congiunto del Maggiore Alexei Osokin (nucleo forza da sbarco) e del Maggiore Boldyrev Ivan Nikolaevich (nucleo elicotteri).

L’obiettivo principale della Russia era prendere il controllo di Kiev entro 3 giorni5. Vladimir Putin credeva che se l’esercito russo fosse riuscito a raggiungere la capitale abbastanza velocemente, il presidente Volodymyr Zelensky e il suo governo avrebbero capitolato, la popolazione sarebbe potuta essere sottomessa e un regime filo-russo sarebbe stato insediato prima che si potesse mobilitare una resistenza effettiva o che la comunità internazionale potesse reagire.

Per tale motivo alcuni alti funzionari statunitensi ed occidentali, alla vigilia della guerra, stimarono che Kiev sarebbe effettivamente potuta cadere entro 72 ore.

La leadership russa pianificò pertanto un attacco di decapitazione della leadership ucraina puntando sulla rapidità di azione, ma sottovalutando un rischio sostanziale per le forze coinvolte. Invece di un’operazione di forze congiunte, che contemplasse la distruzione delle forze armate ucraine come sforzo principale, la Russia tentò un colpo di mano che prevedeva la presa dell’aeroporto di Hostomel come fulcro.

L’ingresso di forze di manovra lungo gli altri assi avrebbe dovuto aver luogo simultaneamente per generare paralisi nelle forze armate ucraine. L’operazione era stata concepita in contemporanea a delle attività di sovversione ed infiltrazione, con la convinzione dei pianificatori del Cremlino che gran parte della resistenza ucraina potesse essere eliminata dall’interno. Mosca aveva dato per scontato che non si sarebbe dovuto combattere l’esercito ucraino in modo convenzionale ma che, una volta presa la capitale, le unità dell’esercito si sarebbero ritirate o avrebbero potuto essere facilmente isolate.

Esistono numerosi precedenti di questo tipo di operazioni nella storia militare russa e sovietica, tra cui l’Operazione Danubio del 1968[5], l’operazione Tempesta 333 del 19797, la presa dell’aeroporto di Pristina nel 1999[6][7] e la presa dell’aeroporto di Simferopol (episodio che diede il via all’occupazione russa della Crimea nel 2014).

Storicamente sono state numerose le operazioni militari russe che hanno previsto come mossa iniziale la messa in sicurezza di un aeroporto di notevoli dimensioni, seguita da un rapido rafforzamento di forze immesse per via aerea, che poi hanno tentato di assicurarsi la leadership politica creando le condizioni per un’operazione terrestre più ampia.

La battaglia

Prima dell’invasione, i servizi segreti russi avevano spostato degli infiltrati a Kiev e nelle città limitrofe, tra le quali Irpin e Bucha, il cui obiettivo sarebbe dovuto essere quello di consentire alle forze aviotrasportate e speciali russe di accedere rapidamente alla capitale. Questi sabotatori filo-russi contrassegnarono le zone di atterraggio, tentarono di proteggere le infrastrutture necessarie per gli spostamenti ed assicurarono il supporto logistico dei primi istanti del conflitto.

La strategia militare russa si basava sul presupposto che i servizi segreti russi presenti sul suolo ucraino avrebbero creato le giuste condizioni per consentire un assalto lampo in grado di paralizzare la leadership ucraina. Ma tutto ciò non si concretizzò mai. L’intelligence russa aveva sovrastimato le sue potenzialità, e sottostimato la capacità dell’intelligence e della polizia ucraine, che furono in grado di neutralizzare elementi chiave della rete russa nel periodo precedente l’operazione.

L’esercito ucraino aveva dato per scontato che lo sforzo principale russo si sarebbe concentrato sul Donbass, ed aveva perciò posizionato le sue forze di conseguenza[8].

Come detto precedentemente, il piano operativo della Russia prevedeva un rapido assalto aereo che consentisse il controllo totale dell’aeroporto di Hostomel, mentre le forze di terra sarebbero avanzate contemporaneamente su Kiev dalla Bielorussia, muovendo lungo il lato occidentale del fiume Dnipro, e dalla Russia, procedendo lungo il lato orientale del fiume.

L’aeroporto di Hostomel, un aeroporto militare conosciuto anche come “aeroporto Antonov”[9], si trova nell’oblast di Kiev a circa 10 chilometri a nord-ovest della capitale con una popolazione di circa 17.500 abitanti. La base aerea militare comprendeva una pista di 3.500 metri, in grado di consentire l’atterraggio ai più grandi aerei da trasporto, diverse decine di strutture a uno o più piani e due grandi hangar. Al momento dell’invasione russa la base era la sede della 4a Brigata di reazione rapida della Guardia nazionale ucraina[10].

L’esercito russo scelse Hostomel per le dimensioni della sua pista, la sua posizione lungo la rotta di avanzamento delle forze di terra russe, per il fatto che avesse un terreno difendibile attorno all’aeroporto e probabilmente perché i russi ritenevano che avesse difese più leggere rispetto ad altri aeroporti della zona[11]. Tutti questi fattori messi insieme facevano pensare che una piccola forza d’attacco potesse catturare e mantenere l’aeroporto abbastanza a lungo da consentire l’arrivo dei rinforzi.

La forza d’assalto russa era composta da circa 34 elicotteri e da un numero di soldati aviotrasportati stimato tra le 200 e le 300 unità, tutte appartenenti alla 31a Brigata d’assalto aereo delle guardie[12] e alla 45a Brigata Spetsnaz[13]. Entrambe le unità facevano parte della famiglia delle forze aviotrasportate russe (in russo Vozdushno-desantnye voyska Rossii), comunemente note con l’abbreviazione “VDV”. Gli elicotteri includevano un mix di aerei da trasporto Mi-8 Hip, per trasportare i soldati aviotrasportati, elicotteri d’attacco Ka-52 “Alligator” e alcuni vecchi elicotteri d’attacco Mi-24. La forza partì dall’aeroporto VD Bolshoy Bokov in Bielorussia, circa 170 chilometri a nord di Hostomel. Il suo obiettivo era di impadronirsi dell’aeroporto e stabilire un ponte aereo per supportare l’assalto alla capitale.

Molto probabilmente l’esercito russo si aspettava una resistenza minima a Hostomel, poiché solo un piccolo contingente di forze ucraine era rimasto a presidio della capitale. La 72a brigata meccanizzata15, incaricata della difesa di Kiev, era ancora in movimento dalla sua guarnigione a sud della città e non aveva ancora raggiunto tutte le posizioni difensive pianificate quando la forza d’attacco aeromobile arrivò a Hostomel.

Al momento dell’attacco, a difesa dell’aeroporto erano di presidio circa 200 soldati della 4^ Brigata di reazione rapida della Guardia Nazionale Ucraina, in gran parte reclute neo arrivate, e personale giunto in concorso preso da unità di retroguardia. Tutte le forze migliori e le unità meglio equipaggiate erano state inviate ad est, negli oblast del Donbass, poiché era da lì che tutti si aspettavano un attacco. Un attacco che nei giorni immediatamente antecedenti a quel 24 febbraio sembrava ancora improbabile ed irrealistico.

L’unità lasciata a presidio dell’aeroporto “Antonov” di Hostomel era equipaggiata con armi leggere, vecchi sistemi spalleggiabili di difesa aerea “Igla” (SA-18)[14] e un cannone anti aereo ZU-23-2 a traino da 23×152 mm. Gli ucraini potevano anche contare su un minimo supporto aereo composto da 2 bombardieri Su-24M e da 2 Mig-29.

Al momento dell’inizio del conflitto, l’Ucraina possedeva la più grande rete di radar terrestri per la difesa aerea. Rete composta da 3 brigate e 2 reggimenti di sistemi A/A S-300PS/PT (SA-10), 1 brigata di S-300V (SA-12), 2 brigate di Buk-M1 (SA-11), alcuni sistemi S-125 (SA-3) e difesa aerea a corto raggio composta da Osa (SA-8) e Tor (SA-15)[15].

Le forze aerospaziali russe (Vozdušno-Kosmičeskie Sily) comunemente note come VKS, responsabili della soppressione di questa rete di radar, durante la campagna di attacchi missilistici lanciata nelle prime ore del conflitto, la mattina del 24 febbraio, si limitarono a colpire una lista di obbiettivi statici prestabiliti dall’intelligence, lasciando intatta la maggior parte dei sistemi di difesa aerea ucraina che, grazie ad una buona mobilità, avevano iniziato a spostarsi il giorno prima dell’attacco.

Prima dell’inizio dell’assalto aereo verso l’aeroporto, le forze russe colpirono alcuni siti nei dintorni della capitale, la base aerea vicina e alcuni obiettivi lungo il corridoio di infiltrazione che avrebbe usato il gruppo d’assalto. Due missili da crociera 3M14 “Kalibr”18 colpirono l’aeroporto di Hostomel senza creare però danni di rilievo tattico (entrambi finirono in due aree dell’aeroporto prive di importanza).

L’attacco delle VKS lungo il corridoio di infiltrazione riuscì ad eliminare alcuni radar ucraini di difesa aerea e due importanti siti di difesa A/A incaricati di effettuare lo screening del fiume Dnipro nella zona nord della città. Dopo aver indebolito le difese aeree ucraine, le forze elitrasportate russe, una volta attraversato il confine bielorusso, entrarono nello spazio aereo ucraino verso le 09:30 del mattino effettuando un’infiltrazione e volando a bassissima quota lungo il corso del fiume Dnipro al fine di evitare il rischio di qualche radar ucraino ancora attivo.

La forza d’attacco riuscì a rimanere invisibile fino alle 10:30 circa, cioè fino al momento in cui si avvicinò alla centrale idroelettrica di Kiev situata a nord della capitale. Quando gli elicotteri russi vennero rilevati dalla contraerea ucraina, i sistemi missilistici di difesa entrarono in funzione eliminando due degli elicotteri del gruppo d’assalto: un KA-52, che riuscì ad effettuare un atterraggio d’emergenza vicino alla riva del fiume, e un Mi-24 che si schiantò nel letto del fiume. Gli altri elicotteri della formazione, anche grazie all’impiego delle flares riuscirono ad evitare l’abbattimento e continuarono l’avvicinamento all’aeroporto di Hostomel, dove diedero inizio all’attacco alle 11:00 circa.

Durante l’avvicinamento all’aeroporto la forza d’assalto si divise: gli elicotteri d’attacco si diressero verso la zona nord per colpire i bersagli all’interno dell’aeroporto, mentre gli elicotteri da trasporto fecero rotta verso sud per far sbarcare la forza d’assalto e consentire loro di prendere possesso delle strutture e delle caserme.

Il gruppo di comando dell’unità ucraina posta a difesa, guidato dal Maggiore Vitalii Rudenko, aveva schierato le sue limitate risorse già dalle prime ore del mattino del 24 febbraio, ma nessuno si accorse dell’arrivo degli elicotteri finché il rumore dei rotori non arrivò sopra le loro teste[16]. Una ventina di uomini ucraini erano schierati a difesa del radar situato nell’estremità settentrionale, armati del cannone contraereo ZU-23-2, mentre il resto dell’unità difendeva l’area dalle posizioni di battaglie organizzate a sud dell’aeroporto. Prima di schierarsi a difesa, il personale dell’unità ucraina aveva spostato un grande numero di camion e altri mezzi pesanti sulla pista d’atterraggio, in modo da renderlo inutilizzabile per un qualunque velivolo che avesse tentato di atterrare.

Mentre effettuava un attacco al suolo nella zona settentrionale dell’aeroporto, un KA-52 “Alligator” della forza d’attacco arrivata sull’aeroporto venne abbattuto da un soldato della forza di difesa armato con un sistema terra-aria “Igla” e andò a precipitare sulla pista d’atterraggio creando, involontariamente, un altro ostacolo.

Questo primo abbattimento ottenuto dalla forza ucraina a terra galvanizzò il personale e in poco tempo la prospettiva di “potercela fare” cominciò subito a diffondersi tra i combattenti ucraini. Nelle due ore successive di combattimenti, il personale della 4^ Brigata di reazione rapida riuscì ad abbattere altri due KA-52 e un Mi-8 da trasporto truppa utilizzando i pochi armamenti anti aerei trasportabili che avevano, il cannone anti-aereo e anche le armi portatili.

La forza d’assalto russa, nonostante la strenua resistenza offerta dagli ucraini, in due ondate composta ognuna da una decina di elicotteri, riuscì a far sbarcare a terra una forza di circa 300 uomini[17]. Una volta a terra, il gruppo d’assalto, armato di armi leggere, mitragliatrici e armi controcarro trasportabili, cominciò a muoversi per prendere il controllo dell’aeroporto cercando di metterne in sicurezza il perimetro.

Pur appartenendo ad unità altamente addestrate e concepite proprio per questo genere di operazioni di avio-assalto, secondo le informazioni raccolte dall’intelligence ucraina nei mesi seguenti all’attacco, sembra che la forza utilizzata per l’operazione sull’aeroporto di Hostomel non avesse avuto modo di conoscere il piano concepito dallo stato maggiore russo con il necessario anticipo, né tantomeno il tempo per fare un minimo di addestramento specifico prima dell’inizio dell’avioassalto[18].

La conformazione geografica dell’area in cui era stato costruito l’aeroporto, oltre ad essere completamente pianeggiante, offriva poca copertura e pochi appigli tattici ai soldati russi i quali, pochi momenti dopo lo sbarco, cominciarono a rendersi conto di essere in un numero troppo esiguo per poter riuscire a controllare efficacemente una base aerea di quelle dimensioni.

Sul fronte ucraino nel frattempo, rimasti a corto di munizioni, il gruppo di soldati posto a difesa della zona meridionale dell’aeroporto fu in grado di eseguire una ritirata ben organizzata, utilizzando una strada stretta che correva lungo una parte del perimetro dell’aeroporto e riuscendo ad evacuare dalla zona senza riportare praticamente alcun danno al personale. Al contrario, il gruppo di circa 20 soldati che era stato lasciato a difesa del radar posto a nord dell’aeroporto, non fu altrettanto fortunato. Non riuscendo a trovare una via di fuga lungo la quale ripiegare, furono tra i primi prigionieri di guerra del conflitto.[19]

Pochi minuti dopo le 13:00, ad appena due ore dall’inizio dell’assalto, le forze russe riuscirono a mettere in sicurezza l’area dell’aeroporto, rimanendo però in una posizione di controllo parziale e precaria dovuta alla non adeguata entità della forza. Gli elicotteri del gruppo d’assalto erano dovuti rientrare in Bielorussia lasciando la forza a terra senza alcun tipo di supporto di fuoco, fatta eccezione per un paio di aerei da attacco al suolo Su-25 “Frogfoot”.

Nel frattempo, in quei medesimi istanti, le forza ucraine si stavano mobilitando per organizzare una forza d’attacco idonea che andasse a soccorrere i soldati ucraini che avevano dovuto ripiegare. La forza da sbarco russa dal canto suo avrebbe dovuto ricevere rinforzi per via aerea: un contingente composto da circa 1.000 soldati radunati e pronti a partire presso la base aerea di Pskov23, in Russia, situata a circa due ore di volo da Hostomel. L’intero gruppo di rinforzo era stato imbarcato su 18 aerei da trasporto Ilyushin-76 “Candid” ed era in volo verso l’Ucraina quando, a circa metà del tragitto, fece inversione di rotta e fu costretto a rientrare in Russia. Questa decisione del comando superiore delle forze aeree russe, vero punto cruciale di svolta della battaglia e, probabilmente, dell’intera campagna russa, è stata giustificata dagli analisti militari fondamentalmente con due diverse motivazioni.

La prima fa riferimento sia al fatto che la pista di atterraggio ad Hostomel, già occupata dalle carcasse dei mezzi posizionati dai soldati ucraini, era stata nel frattempo fatta oggetto di un pesante fuoco da parte dell’artiglieria ucraina, che l’aveva resa inutilizzabile, e sia per il fatto che i paracadutisti russi non erano stati in grado di garantire una cornice di sicurezza adeguata all’atterraggio dei rinforzi.

La seconda interpretazione fa invece riferimento al fatto che il comando russo, che aveva assistito impotente all’abbattimento di 6 o 7 elicotteri della prima ondata, era fortemente preoccupato di perdere gli Ilyushin-76 a causa delle difese aeree ucraine ancora attive e pericolose.

Un secondo gruppo di rinforzi russi era stato comunque previsto per andare ad aiutare la forza d’assalto su Hostomel: un gruppo composto da truppe meccanizzate e corazzate, entrate dal confine bielorusso alle 4 del mattino dello stesso giorno, che stava nel frattempo avanzando verso Kiev costeggiando il lato occidentale del Dnipro. La forza terrestre sarebbe dovuta soltanto avanzare per circa 130 chilometri per raggiungere l’aeroporto nel tardo pomeriggio di quello stesso 24 febbraio 2022. Ma il movimento di infiltrazione terrestre non andò come pianificato. Le truppe trovarono una forte resistenza ucraina ad attenderli lungo lo stretto corridoio terrestre posto tra Chernobyl e Ivankiv[20], impedendo di fatto l’arrivo dei rinforzi russi in un tempo ragionevole.

L’arrivo dei rinforzi ucraini

Come già riportato, lo stato maggiore ucraino, compresa la rilevanza strategica dell’aeroporto e fortemente preoccupato che i russi potessero stabilirvi una testa di ponte per una forza d’assalto ben più consistente di quella atterrata, ordinò immediatamente l’inizio del contrattacco su Hostomel mettendo in piedi un’idonea forza d’attacco pronta ad andare a soccorrere i soldati della 4^ Brigata. Elementi dell’80^ e della 95^ Brigata d’assalto aereo, della 72^ Brigata meccanizzata e del 3° reggimento per Operazioni Speciali (Syly special’nych operacij – SSO) diedero inizio alle operazioni di contrattacco su Hostomel.

Il contingente ucraino che fu incaricato dell’assalto aereo partì dall’aeroporto di Zhytomyr imbarcato su elicotteri da trasporto, mentre le forze terrestri meccanizzate partirono da una base militare situata a Bila Tserkva, situata a poco meno di 100 km a sud di Hostomel.

Intorno alle 17:30, poco prima del tramonto, il contro attacco ucraino ebbe inizio.

L’artiglieria e le sortite dei bombardieri ucraini Su-24 iniziarono per prime l’attacco, ammorbidendo le difese russe. Nel momento in cui iniziò l’assalto via terra, le forze ucraine capirono subito che le VDV russe non avevano occupato delle posizioni difensive forti e cominciarono ad ingaggiarle pesantemente riuscendo a prevalere con discreta facilità.

Prima della fine della notte, i soldati ucraini erano riusciti a riprendere l’aeroporto, costringendo la parte del contingente aviotrasportato russo a ritirarsi nelle zone boschive situate ad ovest dell’aeroporto.

Lo Stato Maggiore ucraino sapeva che le forze inviate per il contrattacco su Hostomel non avevano la potenza di combattimento idonea per affrontare le forze meccanizzate russe che stavano arrivando da nord, perciò ordinarono il ripiegamento dall’aeroporto. Durante il ripiegamento, le forze ucraine concentrarono tutto il fuoco dell’artiglieria[21] e tutte le CAS26 dei bombardieri sulla pista d’atterraggio dell’aeroporto di Hostomel, rendendola definitamente inutilizzabile come punto d’arrivo del ponte aereo russo per le previste ondate d’invasione.

Il mattino successivo, il 25 febbraio, le colonne meccanizzate russe arrivarono ad Hostomel e ripresero il controllo dell’aeroporto, un aeroporto comunque oramai troppo danneggiato per essere utilizzato.

Le conseguenze della battaglia

Dopo aver fallito nel creare la testa di ponte nell’aeroporto di Hostomel che avrebbe potuto garantire una probabile rapida vittoria, l’esercito russo fu costretto a combattere le forze ucraine trincerate nei sobborghi di Kiev. Le colonne meccanizzate entrate dalla Bielorussia e dirette verso Kiev, convinte di entrare in una città ormai già pacificata, si muovevano con movimenti in colonna su strada tipici più di spostamenti logistici che di manovre militari operative in territorio ostile. Nonostante un vantaggio di forze che in alcuni casi era di 12 a 1 a favore dei russi[22] (per esempio nelle zone a nord di Kiev), l’offensiva russa iniziò ad impantanarsi. Le colonne russe cominciarono ad incappare in diverse imboscate ucraine lungo il loro percorso di avvicinamento a Kiev.

Preparati ad una guerra di manovra con formazioni meccanizzate, le unità russe mancavano di addestramento di urban warfare e non riuscirono pertanto ad affrontare i combattimenti nei densi ambienti urbani della periferia di Kiev. Anche le VDV, sprovviste dell’adeguata preparazione e del necessario addestramento per operare in ambienti urbani, non erano niente di diverso dalla normale fanteria russa.

Gli Ucraini avevano inoltre fatto saltare la diga di Kozarovychi sul fiume Irpin allagandone la vicina pianura[23], ostacolando così l’avanzata russa e offrendo un vantaggio monumentale alle forze ucraine. Nel frattempo le linee logistiche di rifornimento russe si erano allungate e le forze russe cominciarono presto a trovarsi senza munizioni e senza carburante29. Gli efficaci sforzi ucraini avevano ostacolato in maniera egregia anche l’avanzata terrestre russa partita dalla Bielorussia. Un’avanzata che era stata concepita e messa in atto per effettuare l’accerchiamento di Kiev, accerchiamento che non avvenne mai.

Lezioni Apprese

Tempo: sia da parte russa che da parte ucraina il tempo era una risorsa vitale. Per gli Ucraini doveva servire per imporre un ritardo ai russi in modo che i loro rinforzi potessero arrivare per effettuare il contrattacco su Hostomel. Per i russi la velocità d’esecuzione era tutto. Più velocemente avrebbero catturato l’aeroporto, tanto più velocemente sarebbero potute arrivare le successive ondate di rinforzi. La pianificazione russa dell’uso del tempo era ottima, la condotta fu un disastro.

Informazioni: entrambi gli schieramenti, nel momento dell’inizio del conflitto, non avevano la minima idea di cosa avrebbero trovato di fronte a loro. Nessuno aveva chiaro il volume delle forze opposte e tantomeno le loro intenzioni prima dell’inizio della battaglia. La preparazione informativa a premessa della battaglia e un suo aggiornamento continuo sono quindi veramente cruciali per una efficace azione di comando e controllo.

Fuoco indiretto e supporto aereo: nel momento del raid su Hostomel le forze russe mancavano di questa risorsa vitale e rimasero pertanto vulnerabili al fuoco di artiglieria ucraino proveniente dalla capitale. La battaglia ha anche dimostrato l’importanza della superiorità aerea. Le forze aerospaziali russe (VKS) hanno inizialmente disturbato i radar ucraini e soppresso efficacemente i siti C/A fissi ma non si sono concentrate sui siti di contraerea mobili. Pertanto, una volta che la catena C2 di difesa aerea ucraina è tornata on-line, i siti mobili di contraerea, ancora al 100% della loro forza, hanno chiuso i cieli alla potenza aerea russa. Non essendo riuscite a sferrare un colpo decisivo alla difesa aerea ucraina, le forze russe non furono in grado di ottenere la supremazia aerea e nemmeno la superiorità aerea, della quale, in fase di pianificazione sicuramente si aspettavano di godere per tutta la durata delle operazioni.

Leadership: la leadership del livello tattico è stata fondamentale in tutte le fasi della battaglia. La forza d’assalto aereo russa ha perso uno dei suoi comandanti più importanti nell’incidente in cui è stato abbattuto il primo Ka-52, perdita che ha certamente imposto una iniziale paralisi decisionale nel momento in cui le forze sono sbarcate. Dall’altro lato uno dei leader ucraini, il tenente Andriy Kulish, nel momento in cui sono stati uditi i primi elicotteri in avvicinamento, è stato in grado di utilizzare e direzionare efficacemente i pochi MANPADS a disposizione, infliggendo i massimi danni possibili al nemico. Le azioni dei singoli comandanti, dei singoli soldati e, nel caso di Hostomel, dei singoli cittadini corsi in aiuto dell’esercito ucraino, hanno avuto un impatto decisivo per il successo della battaglia.

Conclusioni

La battaglia di Hostomel è stata sicuramente un punto di svolta nel conflitto russo-ucraino. Da tutti gli analisti militari viene identificata come il momento in cui la campagna militare russa ha iniziato la trasformazione da guerra lampo in una vera e propria guerra d’attrito, quale è tuttora.

Il modo in cui lo stato maggiore russo aveva progettato l’Operazione militare speciale in Ucraina e le principali ipotesi di pianificazione, già a poche ore dall’inizio del conflitto si sono rivelate sbagliate e basate su informazioni errate o mancanti, azzerando di fatto le loro possibilità di successo.

Lo studio di questa battaglia, al pari di altre grandi battaglie svoltesi in questi quasi tre anni di conflitto, come quelle di Bakhmut, Kherson, Kharkiv ed Avdeevka, opportunamente studiate ed approfondite, nei prossimi anni forniranno eccellenti lezioni per gli stati maggiori di tutti gli eserciti. Questi casi di studio, analizzati sotto ogni diverso aspetto della battaglia, come la leadership, la tattica, l’uso del terreno, le comunicazioni e le nuove tecnologie, dimostrano la necessità di imparare dagli errori e di adattarsi nel minor tempo possibile, per garantirsi un vantaggio costante rispetto all’avversario.

Più sarà veloce ed efficace la capacità di adattamento sul campo di battaglia, più sarà alta la possibilità di prevalere sul nemico, ma soprattutto di sopravvivere.


Riferimenti bibliografici:

  • Simon Shuster, “The Showman: inside the invasion that shock the world and made a leader of Volodymyr Zelensky”, Harper Collins Publishers Inc., 2024
  • Luca Steinmann, “Il fronte russo. La guerra in Ucraina raccontata dall’inviato tra i soldati di Putin”, Rizzoli, 2023
  • Owen Matthews, “Overreach. The inside story of Putin’s war against Ukraine”, Mudlark, 2022; Yaroslav Trofimov, “Our enemies will vanish. The russian invasion and Ukraine’s war of independence”, Penguin Press, 2024
  • Serhii Plokhy, “Il ritorno della storia. Il conflitto russo-ucraino”, Mondadori, 2023
  • Oleksandr Pankieiev, “Narratives of the Russo-Ukrainian War”, Verlag-Haunschild, 2024
  • Dag Henriksen, Justin Bronk, “The air war in Ukraine. The first year of conflict”, Routledge, 2024

Sitografia:


Note:

[1] https://www.lapresse.it/esteri/2022/01/10/ucraina-8-ore-di-colloqui-usa-russia-mosca-no-invasione-mawashington-no-risposte/

[2] https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/speciale-ucraina-le-prime-truppe-ritirate-33295

[3] https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/2022/02/15/ironia-putin-gli-usa-hanno-detto-a-che-ora-inizia-la-guerra_b68ed693-8ecd-4ec0-a6ed-e73ceaf4ba62.html

[4] Chaiko si guadagnò la reputazione globale di leader brutale in Siria nel 2019 e nel 2020. Human Rights Watch afferma che potrebbe essere responsabile di attacchi diffusi contro ospedali, scuole e aree popolate nel governatorato di Idlib. Gli attacchi uccisero 1.600 civili e provocarono 1,4 milioni di sfollati. Durante l’invasione russa dell’Ucraina nel 2022, le truppe sotto il comando di Chaiko torturarono e giustiziarono centinaia di civili ucraini durante l’offensiva di Kiev. I pubblici ministeri per i crimini di guerra in Ucraina stanno indagando se Chaiko abbia ordinato direttamente atrocità specifiche. È inoltre sospettato di essere l’organizzatore del tristemente famoso massacro di Bucha, probabilmente il più documentato crimine contro l’umanità della storia. 5 Ammassate da tempo al confine con l’Ucraina, le unità russe non avevano un’idea chiara del tipo di operazione che avrebbero dovuto condurre, mentre alle unità di élite che avrebbero affiancato le forze di terra era stato comunicato che la presa di Kiev li avrebbe tenuti occupati per 12 ore circa.

[5] Viene identificata con “Operazione Danubio” l’invasione della Cecoslovacchia da parte del Patto di Varsavia (nel caso specifico Unione Sovietica, Bulgaria, Ungheria e Polonia) del 1968.

[6] L’ Operazione “Tempesta 333”, facente parte della campagna sovietica in Afghanistan, avvenne il 27 dicembre del 1979 e vide le Forze Speciali russe prendere d’assalto il palazzo presidenziale con la conseguente cattura del presidente afghano Hafizullah Amin.

[7] La presa dell’aeroporto di Pristina, noto anche come incidente di Pristina, è un episodio avvenuto al termine della guerra del Kosovo quando un contingente di 200 soldati russi, precedentemente situato in Bosnia, che avrebbe dovuto affiancare il contingente NATO in compiti di peacekeeping, occupò l’aeroporto di Pristina in risposta al rifiuto finale del comitato NATO di accettare la presenza russa nel territorio del Kosovo. L’incidente si risolse poi in maniera diplomatica senza causare né morti né feriti da entrambe le parti.

[8] Mentre 10 brigate erano state inviate a proteggere il fianco est del paese (prevalentemente nel Donbass), il compito di difendere la capitale ricadde su tre brigate ucraine, di cui due di artiglieria.

[9] Il nome deriva dal fatto che, al momento dell’inizio del conflitto, l’aeroporto ospitava la sede della Antonov Airlines, la divisione cargo dell’ufficio progettazione della ditta ucraina Antonov. L’aeroporto ospitava anche l’unico esemplare di An-225 “Mriya”, andato parzialmente distrutto a seguito della Battaglia per Hostomel.

[10] La 4^ Brigata è stata creata da zero nel 2015 con compiti di combattimento in prima linea. Andrii Kulish, addetto stampa della Brigata, riferisce che l’unità era conosciuta col nome di “Rubizh”, per essersi distinta nei combattimenti per Rubizhne. Il personale migliore e più addestrato, il 20 febbraio 2022 venne inviato nell’Oblast di Luhansk per fronteggiare l’ormai imminente attacco russo.

[11] Si ritiene che i servizi segreti russi sapessero che presso l’aeroporto di Hostomel erano rimasti per lo più coscritti e personale amministrativo.

[12] Di stanza a Ulyanovsk, durante la battaglia perse almeno 34 uomini tra i quali il comandante di battaglione, il Maggiore Alexei Osokin.

[13] Di stanza a Kubinka, poco fuori Mosca, per molte ragioni è considerata la migliore unità dell’esercito russo. 15 Comandata dal Colonnello Oleksandr Vdovichenko, la 72^ era composta da soldati professionisti altamente motivati ed addestrati considerati da molti l’élite delle forze armate.

[14] L’SA-18 rientra nel gruppo dei missili terra-aria a ricerca I/R. La designazione SA-18 è assegnata dal DoD (Department of Defense) americano mentre la designazione NATO è “Grouse”.

[15] Nel corso del conflitto, Russia e Ucraina non hanno mai ottenuto la superiorità aerea perché entrambe possiedono sistemi di difesa aerea integrata avanzati. Pertanto, l’attività aerea delle due aviazioni avversarie non è stata possibile in modo sicuro ed efficace perché i sistemi di difesa aerea intervenivano abbattendo velivoli. 18 Designazione NATO SS-N-27B.

[16] Alcuni report riferiscono che il comandante Rudenko era stato svegliato alle 05:30 del mattino dall’Ufficiale di servizio allo Stato Maggiore ucraino, il quale lo aveva informato del discorso di stato del presidente Putin che annunciava l’inizio dell’Operazione militare speciale, e che lo informò di tenere pronta la sua unità per un eventuale combattimento.

[17] Le cifre riportate dalle fonti russe parlano di 200 uomini. La pubblicazione del ministero della difesa russa “Zvezda”, parlando della battaglia per Hostomel, titolò infatti l’articolo “I 200 spartani russi”.

[18] La pianificazione dello stato maggiore russo fu talmente carente e gli obbiettivi talmente poco condivisi che le forze ammassate ai confini avevano poca o in alcuni casi nessuna idea della strategia di invasione. Alle unità di élite (come la forza che venne inviata su Hostomel) venne detto che avrebbero dovuto prendere Kiev in mezza giornata. In alcuni casi, ai soldati fu ordinato di portare con loro l’uniforme da parata in modo che, tre giorni dopo l’attacco, avrebbero potuto marciare in parata lungo Khreshchatyk, la strada principale di Kiev.

[19] Dopo pochi mesi dall’inizio del conflitto tutti i soldati catturati ad Hostomel sono riusciti a tornare in Ucraina a seguito di alcuni scambi di prigionieri con soldati russi fatti prigionieri negli oblast del Donbass. 23 Presso l’aeroporto militare russo di Pskov era basata la 76^ Divisione d’assalto aereo delle Guardie, considerata da molti analisti militari come una delle unità più pronte al combattimento di tutto l’esercito russo.

[20] Molti filmati dei primi giorni di guerra, che mostravano colonne di mezzi russi intrappolate nelle strade dei villaggi ucraini e bersagliati dai Javelin statunitensi e dagli NLAW britannici, ripresero forze appartenenti a queste colonne partite dalla Bielorussia.

[21] Il Comandante dell’artiglieria della 72^ brigata, il Colonnello Oleg Kobzarenko, ricevette l’ordine di causare quanti più danni gravi possibili alla pista di atterraggio di Hostomel per impedire l’arrivo degli Ilyushin ma anche per “mandare il messaggio” ai russi che, se avessero provato ad atterrare con i loro aerei, sarebbero stati bombardati non appena avessero toccato terra. 26 Close Air Support.

[22] Al momento dell’inizio dell’Operazione Speciale la Russia contava su una forza d’invasione di più di 150.000 uomini, un numero molto vicino al totale dell’esercito ucraino.

[23] Alcuni resoconti parlano di soldati russi costretti a togliersi i giubbetti anti-proiettile e scappare a nuoto. 29 Il famigerato convoglio russo lungo 65 chilometri alla periferia di Kiev, che si stima fosse composto da un numero vicino alle 15.000 unità, ostacolato dalla resistenza ucraina, dalla mancanza di cibo e carburante, da problemi di manutenzione e dal morale basso, divenne martellato dalle armi controcarro e dall’artiglieria ucraina finché lo Stato Maggiore russo ordinò la ritirata dal nord dell’Ucraina.

  • Tenente Colonnello dell’Esercito proviene dai corsi regolari dell’Accademia Militare di Modena. Ha trascorso gli ultimi 20 anni tra la Brigata paracadutisti “Folgore” e l’ufficio operazioni del Comando delle Forze Terrestri a Roma. Specializzato in intelligence militare del livello tattico e di OSINT.
    Attualmente si occupa di addestramento e tecnologie per la simulazione.

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